Dott.ssa Annalisa Scarpini- Psicologo Ancona
Secondo le teorie cognitive, ogni comportamento che mettiamo in atto è guidato da desideri e scopi, che si appoggiano sulle nostre credenze /rappresentazioni su com'è e deve andare il mondo, gli altri e noi stessi. Se per esempio mi sono creato nel tempo una rappresentazione/credenza di X come di una persona non affidabile, non le assegnerò compiti importanti . Carcione, Semerari e Coll nel 2016 affermano: “ Noi possiamo riferire i nostri pensieri, possiamo sapere quali emozioni ci provocano, possiamo dire se una certa immagine mentale corrisponde o meno ad un evento vissuto, riflettiamo sulle nostre credenze e allo stesso modo, attribuiamo agli altri pensieri, emozioni, fantasie, processi di ragionamento, atteggiamenti emotivi attraverso l’osservazione di ciò che dicono e fanno e delle loro espressioni emotive. Creiamo rappresentazioni su rappresentazioni che vengono chiamate metarappresentazioni.” Oggi la metacognizione viene definita come la capacità di compiere operazioni cognitive sugli stati mentali propri e altrui, e di utilizzare queste conoscenze per la soluzione di compiti o per il padroneggiamento di stati mentali fonte di sofferenza soggettiva (Wells e Purdon 1999). Gran parte degli studi italiani sulla metacognizione sono stati intrapresi negli ultimi anni dai ricercatori del III Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma che ipotizzarono che, alcune persone con tratti di personalità rigidi e /o con disturbi della personalità potessero presentare significativi deficit nelle funzioni metacognitive . Le funzioni metacognitive: Identificazione o Monitoraggio : permette di riconoscere le emozioni che si provano e discriminarle le une dalle altre. Comprendere che cosa le ha attivate, cogliendo i nessi con il contesto in cui ci si trova. Alcune persone non riescono a discriminare per esempio tra ansia e tristezza, oppure si sentono confuse non riuscendo a fare chiarezza dentro di loro rispetto a ciò che provano. In altri casi possono aver chiara l'emozione ma non riescono a collegarla al perchè la provano. Esempio di una buona capacità di monitoraggio: ieri ero al supermercato e una persona mi ha superato alla cassa, ho sentito la rabbia salirmi e il mio corpo attivarsi e ho pensato che questa persona mi stesse mancando di rispetto e che è un maleducato. A quel punto , per cercare di far valere i miei diritti gli ho detto: " mi scusi c'ero io prima di lei". La persona mi chiede scusa e si mette dietro di me, dicendo che non mi aveva visto. Nel corpo sento la tensione scendere e al posto della rabbia una sensazione di soddisfazione. Decentramento: questa funzione fa si che la persona possa cogliere la prospettiva da cui l’altro osserva se stesso e il mondo, a prescindere dal proprio punto di vista o da stereotipi, riuscendo a ragionare sugli stati mentali dell’altro prendendo in considerazione i suoi desideri e scopi che possono essere diversi dai propri. Il contrario del decentramento è l’egocentrismo. Nell’egocentrismo vengono attribuiti all’altro pensieri, credenze, emozioni in base al proprio punto di vista. Per esempio: se ho imparato a leggere il mondo pensando che nessuna persona è degna di fiducia e tutti cercano di fregare l'altro, penserò che la persona che mi ha superato in fila al supermercato lo abbia fatto consapevolmente e che sapeva che prima c'ero io, ma ci ha provato per fregarmi ma gli è andata male perchè ha trovato me che non sto zitta. In questo modo, la protagonista dell'esempio ha attribuito all'altro pensieri, credenze e emozioni in base al proprio punto di vista. Metterci nei panni dell'altro significa vedere il mondo dal punto di vista dell'altro. Come leggerebbe lo stesso evento una nostra amica che invece vede il mondo come buono e senza cattive intenzioni? Avrebbe sentito la stessa rabbia? Che emozione avrebbe provato? e cosa avrebbe pensato? Ogni persona è diversa da noi e in una stessa situazione può comportarsi in modo diverso, provando emozioni e pensieri diversi dai nostri. Riuscire a decentrarci significa leggere il mondo con gli occhi dell'altro , conoscendo gli scopi e i desideri dell'altro. Differenziazione: questa funzione permette di riconoscere che i propri stati mentali sono rappresentazioni della realtà e non coincidenti con essa ma ipotetici. Quando esprimiamo un giudizio o una valutazione dobbiamo sapere che potrebbe non essere valida e non coincidente con quella dell'altro o con la realtà dei fatti. Riprendendo l'esempio del supermercato, la persona che ha superato la cassa è stata valutata da due persone diverse, in modo diverso. Una lo ha visto come un maleducato che vuole fregare le persone, l'altra come una persona sbadata magari che sta vivendo un brutto periodo che non si è accorto di averci superato. Entrambe sono ipotesi. Nessuna delle due è una realtà o una verità. Sono due letture diverse del mondo. Non sappiamo e non conosciamo le motivazioni del comportamento dell'altro. Integrazione: questa funzione è correlata al concetto di pensiero narrativo e di Sé autobiografico. La capacità di possedere una buona e coerente narrazione permette di integrare insieme tutti gli elementi cognitivi, somatici ed emotivi, di descrivere scenari mentali e interpersonali e di costruire un dialogo interiorizzato che dia un senso di continuità all’ Io. Un deficit di questa componente porta a rappresentazioni di Sè e dell’altro molteplici e contraddittorie e a confusione. Il percorso che propongo in terapia può aiutare la persona a migliorare la propria capacità di raccontarsi, in modo dettagliato, cercando di far chiarezza sulle emozioni e i pensieri problematici e sulle cause di questi. Considerare la propria lettura del mondo come ipotetica , comprendendo che una parte della sofferenza provata, è causata proprio da questa visione rigida. Aiutando la persona a trovare alternative di valutazione del mondo più coerenti con la realtà e flessibili. Successivamente si cercherà di integrare le varie rappresentazioni di Sé nella relazione con gli altri.
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April 2020
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