"Una delle cose più strane delle relazioni è che non sempre siamo liberi di sentirci attratti da chiunque. Tendiamo ad essere attratti da persone simili tra loro o che hanno degli aspetti psicologici specifici. Tutti noi portiamo dentro delle liste molto specifiche di caratteristiche che dovrebbero avere le persone di cui ci innamoriamo. Molto spesso, in questa liste, non ci sono solamente caratteristiche positive. " Alcune persone tendono a trascurare tutti i tipi diversi di potenziali candidati partner che si incontrano nel corso della vita, liquidandoli alcuni trovandoli noiosi o altri poco stimolanti mentalmente o in qualche modo semplicemente non adatti a sè, tendendo invece a dirigersi direttamente verso persone le cui caratteristiche sono piuttosto negative per la nostra felicità, anche se inconsapevolmente. Ad esempio potremmo essere in grado di innamorarci solo di persone che sono molto meno intelligenti o responsabili di noi o che sono inaffidabili, egoiste e auto-assorbite da se stesse. Ma perchè mai dovremmo entrare in relazione proprio con queste persone? Questo perché quello che si cerca in amore non è necessariamente una persona bella e buona , ma qualcuno che sentiamo familiare e che ci faccia sentire come a casa. Molti di noi hanno imparato l'amore durante l'infanzia da genitori problematici, assenti, poco coinvolti emotivamente, rifiutanti, critici che continuano inconsciamente a guidare le nostre relazioni future, perchè sono proprio i genitori che ci forniscono il modello di ciò che significa amare ed essere amati . Per esempio: immaginiamo un papà freddo e una mamma non disponibile. Il bambino avrà registrato nella sua infanzia che, anche se fredda e distaccata, quella era una relazione d'amore. Quelle sensazioni sono ciò che gli ritiene più famigliare, per questo sarà più predisposto a cercarsi un partner distaccato rispetto ad uno caloroso a cui non si è abituati a stare e che può venir sentito come invadente. Le nostre mappe d'amore interiori sono davvero difficili da decifrare, di certo non si spiegano da sole, quindi dobbiamo sforzarci di scoprire quello che ci stanno dicendo, sopratutto se continuiamo a compiere scelte relazionali che fanno soffrire. Libereremo noi stessi dai traumi quando ci renderemo conto che possiamo amare in modi diversi rispetto a ciò che ci hanno insegnato e abituandoci a qualcosa che potrebbe inizialmente essere strano e non familiare, ma meno doloroso e sicuro.
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Mito n. 1 "Andare in terapia significa che sono debole, imperfetto o pazzo?". Nella mia esperienza, la ragione più comune per cui le persone evitano di cercare l'aiuto di un terapeuta, è la convinzione che ciò significherà che sono deboli, incapaci di risolvere i problemi da soli o che hanno qualcosa che non va. Inoltre, le persone, hanno spesso paura di cosa succederebbe se gli altri lo sapessero, come se andare dallo psicologo fosse associato a essere diverso o avere un grave problema mentale. A ciò può aggiungersi la paura che lo psicologo possa vedere qualcosa in loro che non va e che non sanno di avere e che può fare paura, e far emergere qualcosa che temono . La realtà La realtà è che la maggior parte delle persone che si rivolgono allo psicologo sono persone comuni, che hanno problemi quotidiani e ordinari come tutti e che vogliono cercare di comprendersi maggiormente per risultare più efficaci nella vita di tutti i giorni e al presentarsi dei problemi. Per esempio: gestire meglio l'ansia, il dolore, la rabbia, migliorare l'autostima, migliorare le relazioni, avere un supporto quando avvengono dei cambiamenti e sentirsi meglio con se stessi. Ci sono molti altri problemi per cui le persone vengono in terapia, naturalmente. Infatti, pensiamo che più di un quarto della popolazione adulta presenta in un dato momento della vita, i sintomi per porre una diagnosi psicologica. Questo ci fa capire come gli attacchi di panico, la depressione , l'ansia ad alti livelli, siano presenti in tantissime persone ma molte di queste decidono di non curarsi, portando quindi i sintomi alla cronicizzazione e accettando di avere una qualità della vita inferiore rispetto a quella che potrebbero avere se trattate. Ma perchè succede questo? Andare in terapia, se ci pensiamo, è una grande indicazione di maturità emotiva, di essere consapevole di aver bisogno dell'aiuto e essere disposti a chiederlo e a fare ciò che è necessario per prendersi cura di sé. Allora, da dove viene questo mito: che andare alla terapia significa essere deboli o avere qualcosa che non va? La prima influenza, è sicuramente quella culturale. Fin dalla tenera età, molte persone sono cresciute con l'idea che bisogna essere forti nella vita e che non si possono mostrare segni di debolezza o di forte emotività. Di conseguenza, alcune persone nascondono e controllano la loro sofferenza e le emozioni valutate negativamente. Se ci riflettiamo, se dentro stiamo soffrendo e non vogliamo farlo vedere all'esterno, la debolezza diventa quell'aggettivo che pensiamo ci possa essere dato da un giudizio fatto da altri. Non voler risultare agli occhi degli altri deboli. Immagina se fosse un tabù o un segno di debolezza cercare aiuto per una gamba rotta, l'ipertensione o qualsiasi altro problema medico. Ci sarebbero probabilmente meno persone che vivono sul pianeta. Vivere una vita che per qualche verso non ci rende completamente soddisfatti potrebbe essere più doloroso di una gamba rotta. Un altro fattore che contribuisce alla convinzione che andare in terapia significa essere deboli, inadeguati o "pazzi" sono i mezzi televisivi. Le persone che vanno in terapia sono spesso descritte in televisione e nei film come strane, non normali, eccentriche. Uno dei primi esempi di questo è il romanzo e poi film "Qualcuno volò sul nido del cuculo" che rafforza l'idea che avere qualsiasi tipo di problema di salute mentale potrebbe significare essere"pazzo". Oggi sono di moda film dove è presente lo psicologo e spesso quello che si vede sullo schermo non coincide poi con ciò che significa una terapia. La psicoterapia è un percorso di trattamento e di conoscenza di sè. L'intervento si realizza in una serie di incontri con un professionista con lo scopo di promuovere un cambiamento tale da ridurre la sofferenza e/o raggiungere gli obiettivi concordati. Se ci fermiamo un attimo a riflettere potremmo renderci conto che effettivamente chi ha il coraggio di entrare nella stanza di uno psicologo è in grado di dimostrare a se stesso e agli altri di essere una persona sana, in grado di prendersi cura di sè perchè consapevole di aver bisogno di aiuto e di avere il diritto ad avere una vita più serena anche se si trova in un momento di fragilità. Il termine “idee irrazionali” è stato utilizzato per la prima volta da Albert Ellis (Ellis, 1957-1962) fondatore della RET, Terapia Razionale Emotiva. Ellis credeva che buona parte dei problemi di natura psicologica dipendesse da credenze disfunzionali che non coincidono con la realtà. Ellis incentrava la sua teoria sul fatto che “Non sono gli avvenimenti a generare gli stati emotivi , ma il modo di interpretarli" . Per questo motivo, se siamo capaci di cambiare i nostri schemi mentali, ovvero i nostri pensieri, saremo capaci di generare stati d’animo meno dolorosi. Le credenze irrazionali di Albert Ellis e le dispute razionali.
Molte persone sono riluttanti al solo pensiero di dover andare da uno psicologo, di sedersi davanti ad uno sconosciuto e parlare dei propri problemi. Ci sono molti malintesi dietro questa professione e molte paure che fanno si che alcune persone preferiscono rimanere così come sono e stare in uno stato d'animo negativo che chiedere aiuto, con il risultato che nel tempo i problemi si cronicizzino. La terapia è uno strumento utile che permette di conoscersi meglio, di apprendere come gestire i sintomi ansiogeni e depressivi, migliorare i propri rapporti relazionali e ad elaborare i traumi. Ecco alcuni motivi per cui dovresti pensare di rivolgerti ad un professionista: 1. Hai sbalzi d'umore o ti senti terribilmente triste Se stai notando che ultimamente il tuo umore è spesso giù, i tuoi pensieri sono negativi e in modo persistente - vale la pena parlarne con qualcuno per farti aiutare a comprendere cos'è che ti fa stare così e come fare a riprendere in mano la tua vita e ritrovare l'equilibrio precedente. 2. Stai vivendo un grande cambiamento. Una nuova carriera, una nuova famiglia, un trasferimento..la terapia può aiutarti a sviluppare nuove abilità e strategie per ridurre o gestire lo stress. 3. Ti stai isolando e non riesci più ad intraprendere quelle attività che prima ti davano gioia. Una perdita di motivazione, il voler ridurre i propri rapporti sociali, sono segnalali che c'è qualcosa che non va. Un terapeuta può aiutarti a scoprire cosa ti sta succedendo e aiutarti a ritrovare la motivazione e il piacere di condividere il tempo con altre persone. 4. Ti senti solo. Ultimamente ti senti solo, anche se magari non lo sei, non ti senti compreso e pensi che nessuno possa riuscire a farlo. Ti mancano delle persone che non ci sono più e la tua vita così non ti piace. Un terapeuta potrebbe aiutati a comprendere il senso di solitudine e di vuoto che provi e aiutare a ridurre queste sensazioni . 5. Stai utilizzando delle sostanze o il cibo per poter andare avanti Se il cibo, gli stupefacenti o l'alcool sono un modo per gestire la tua vita, stare meglio, ridurre le emozioni, contenerle potrebbe essere il momento di chiedere aiuto. Un terapeuta può insegnarti delle strategie meno dannose . 6. Sospetti che potresti avere un problema psicologico. Prima ti rivolgi ad un professionista e più l'intervento sarà efficace e in un tempo più breve. 7. Ti senti come se avessi perso il controllo della tua vita. 8. Le tue relazioni con gli altri sono tese Gestire le relazioni - non importa di che tipo - è un duro lavoro. Se i tuoi problemi sono con un partner, la terapia può aiutare entrambi a esplorare modi migliori per comunicare e ridurre la conflittualità. Se hai difficoltà a relazionarti un terapeuta può aiutarti facendoti apprendere nuove modalità di interazione e superare le tue paure. 9. Hai problemi di sonno Se hai notato cambiamenti significativi nel sonno potrebbe essere il momento di indagare il problema sottostante 10. Hai solo bisogno di parlare con qualcuno. Non c'è niente di sbagliato nel cercare un aiuto professionale per migliorare la propria vita e il proprio benessere mentale. Come si va da un dentista, perchè non andare da uno psicologo? La terapia è un'esperienza normale e preziosa che permettere di crescere interiormente a beneficio di molte persone. La consapevolezza di noi stessi e dei nostri pensieri ci permette di comprendere quali sono quelle valutazioni e quelle critiche che ci facciamo da soli e che ci fanno star male. Quando acquisiamo consapevolezza, possiamo modificare qualcosa e questo è il primo passo per sentirsi meglio e vivere meglio e un percorso psicoterapeutico può aiutarti in questo. Spesso viviamo periodi di stress prolungato e può succedere che i nostri pensieri siano portati a farci percepire la realtà in un modo distorto e negativo. Le qualità positive vengono ridotte, mentre si ingrandiscono i nostri difetti e debolezze. La scarsa autostima inizia a prendere campo impedendo una chiara visione di noi stessi . A questo punto potrebbe predominare la voce del nostro "critico interiore", una parte di noi che tende a valutare eventi, situazioni e noi stessi in modo negativo e a ricordarci solo i nostri fallimenti. Ma da dove provengono le voci interiori? Potrebbero essere l'interiorizzazione di un genitore stressato o arrabbiato, di un fratello o una sorella competitivi, di un bullo a scuola o di un'insegnante molto pretenziosa.. Cosa fare?
Neutralizzare le voci criticanti che ogni giorno ci mormorano qualcosa di negativo può essere un duro lavoro. Ci vuole tempo e pratica. La critica interiore è in genere profondamente radicata, ecco perché lavorare con un terapeuta può essere utile. Fare spazio alle nostre emozioni negative può influenzare positivamente la nostra mente. Molte persone lottano con i propri stati d'animo e spesso, questo combattimento, non fa altro che intensificare i problemi. La ricerca recente fornisce prove empiriche che non è spingendo via i problemi che questi si risolvono, ma la strada verso il benessere sta proprio nel provare a fargli spazio. Infatti, questo è ciò che le pratiche meditative e la psicoterapia ti possono aiutare a fare. Ecco perché: quando si tenta di negare o soffocare qualsiasi "parte" di se ci si sente confusi e frammentati. Il benessere si raggiungere riuscendo ad integrare e gestire i momenti positivi e negativi della vita, i successi e i fallimenti. Ogni esperienza che viviamo fa parte del cambiamento implacabile che caratterizza la vita. Uno studio, pubblicato sul Journal of Personality condotto da ricercatori dell' Università della California e di Toronto hanno osservato che: " le persone che accettano abitualmente le proprie emozioni negative hanno meno emozioni negative e una migliore salute psicologica. Mentre al contrario le persone che cercavano di allontanare stati d'animo non tollerati avevano più probabilità di sviluppare sintomi, come l' ansia e depressione " Maya Tamir afferma che "la felicità è qualcosa di più che il semplice sentirsi bene e evitare il dolore ... si tratta di avere esperienze che sono significative e preziose ..." e "tutte le emozioni possono essere positive in alcuni contesti e negativi in altri, indipendentemente dal fatto che siano piacevoli o spiacevoli ". Aprendoti e dando spazio a queste emozioni, scoprirai che ti daranno molto meno fastidio e che possono andare e venire molto più rapidamente. Un nuovo anno è in arrivo e molti di noi sono già pronti con tanti buoni propositi per l'avvenire. Vediamo insieme qualche dato. Secondo l'istituto di Ricerca e Statistica (2015), il 45% della popolazione degli Stati Uniti si pone dei propositi per il nuovo anno , ma solo l'8% riesce poi a realizzarli. Nel 2015, gli obiettivi più popolari sono stati perdere peso e spendere di meno . Perché è così difficile portare a termine i nostri propositi? Gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere, a volte, non sono chiari, nè realistici. Quando pensiamo a cosa cambiare della nostra vita, cerchiamo di riflettere prima su quali sono le nostre risorse per arrivare alla meta e quali ostacoli potremmo incontrare. Dobbiamo sempre tenere a mente che la strada verso un cambiamento può essere spesso lunga e difficile, e può essere caratterizzata da momenti difficili, oltre a quelli gratificanti. Vediamo alcuni passi per formulare dei buoni obiettivi che siano per noi anche dei valori! 1) Datti del tempo per riflettere adeguatamente su ciò che è veramente importante per te. Troppo spesso, pensiamo di modificare noi stessi in modi suggeriti dagli altri e che non provengono da noi. Chiediamoci: che cosa dà alla nostra vita un senso e un significato? I nostri valori possono variare in base ai settori: la salute, la famiglia, le amicizie, la carriera, la spiritualità, ecc Chiedi a te stesso: che persona vorresti essere in famiglia? e nelle amicizie? e quali sono per te i valori più importanti nel lavoro? Che tipo di qualità vorresti sviluppare come persona? Che tipo di partner vorresti essere? Che tipo di relazione vorresti costruire? In che modo ti diverti? Come allenti la tensione? 2) Ora prova a formulare i tuoi propositi per il nuovo anno tenendo conto delle risposte precedenti. 3) Domandati: l'obiettivo che mi sono posto è realistico? In che modo potrei raggiungerlo? E' qualcosa che mi sta a cuore o lo faccio più per gli altri? Il raggiungere questo obiettivo migliorerebbe la mia vita? In quanto tempo posso pensare di raggiungerlo? 4) Non procrastinare e inizia a percorrere la strada verso i tuoi valori. 5) Durante il cammino verso la meta ricordati di essere flessibile. Non possiamo sempre prevedere o controllare ciò che accadrà in futuro. Più teniamo troppo stretta o rigidamente un'idea di come "le cose dovrebbero andare," più tutto ci sembrerà remare contro. Non giudicatevi in modo negativo se non doveste riuscire a raggiungere ciò che vi eravate prefissati.. Solo perché non si ottiene un risultato specifico (o obiettivo) in un modo specifico, non significa che non siete in grado di vivere una vita piena di significato lo stesso. Molti di noi tendono ogni giorno ad avere la testa affollata di pensieri, immagini, ricordi, valutazioni inerenti scene passate o future. Spesso questi film che percorrono la nostra mente sono legati ad emozioni dolorose o ansiogene e limitano la capacità di vivere momento per momento la nostra vita. | Esempi di ciò che tendiamo a fare continuamente nella nostra mente
Qualunque sia lo scenario , quando abbiamo una scarsa autostima accompagnata da ansia o da depressione, spesso affolliamo la nostra mente di scenari negativi che non fanno altro che abbassare ancora di più la nostra autostima con relative sensazioni di fallimento . | Cosa si può fare? Possiamo imparare a sviluppare la consapevolezza di come e quando utilizziamo queste modalità di pensiero/immaginazione e comprendere se ciò è utile (ci motiva) o dannoso per noi e sviluppare poi delle competenze e strategie per fermare i nostri film attraverso un percorso di conoscenza di sè. Scegliere VIVERE NEL PRESENTE invece che nel passato o nel futuro.| Quando ti trovi a preoccuparti del futuro, o a pensare al passato, ricorda a te stesso che entrambi non esistono in questo momento. Il passato è lontano. Il futuro non è ancora qui e ciò che immaginiamo potrebbe non accadere mai. Impariamo ad accettare la vita come è adesso, non come doveva essere. Se vuoi cambiare la tua vita, l'unico posto per farlo è nel presente. | Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L'amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo. Buddha Siddhārtha Gautama Oggi parleremo di Depressione e lo faremo cercando di farci aiutare da un cortometraggio che riesce bene a sintetizzare i sintomi che sono presenti in questa problematica psicologica. Il protagonista del video, un giovane trombettista, appare felice e la vita sembra sorridergli. Poi il rifiuto della donna amata lo porta a cadere in depressione, niente per lui sembra avere più senso. Questo punto è molto importante, perchè ci fa comprendere che la depressione può colpire chiunque, anche persone che fino a quel momento erano state mediamente serene. Chi soffre di depressione presenta una marcata tristezza quotidiana e non prova più piacere per le attività che prima gli interessavano, come la tromba per il protagonista della nostra storia. Il nostro musicista, come chi soffre di depressione, si sente giù d'umore per la maggior parte del tempo, i pensieri sono negativi e proiettati sulla perdita, in questo caso di quello che sembrava essere per lui un grande amore. Ciò fa si che il nostro protagonista non riesca più a godere di niente, nulla a più senso e la vita si fa più sregolata. Non riesce a concentrarsi e ad essere motivato nel lavoro. L'umore nero (rappresentato dal piccolo animaletto) si attacca a lui ogni giorno di più senza mai lasciarlo e facendosi sempre più grande. Il nostro musicista non vuole sbarazzarsi dell'anello che simboleggia l'accettazione della perdita e lasciare andare ciò che ancora lo tiene legato con un minuscolo filo a ciò che è stato. Nel buio più totale , dopo aver lasciato andare i ricordi ed aver elaborato il lutto, riprova a rialzarsi, ritornando a suonare la tromba, si riattiva cercando di riprendere in mano la direzione della propria vita e, con il tempo, tutto torna a riprendere colore, la voglia di vivere si riaffaccia alla porta e piano piano l'animaletto nero torna a farsi più piccolo, fino a scomparire. Questo video illustra alcuni dei sintomi presenti nella depressione e può aiutarci ad imparare a identificarli per poter richiedere un intervento tempestivo da parte di un professionista psicologo per far si che "il nostro animaletto nero" non rimanga con noi per troppo tempo. La depressione è un disturbo psicologico serio, che se non curato diventa più forte. Molte persone tendono a sottovalutarlo e a scambiarlo per un momento di tristezza passeggero. Riassumiamo i sintomi che possono esserci e che devono farvi scattare il campanello di allarme. Per fare una diagnosi di episodio depressivo devono essere presenti almeno cinque dei seguenti sintomi per almeno due settimane e devono rappresentare un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento; almeno uno dei sintomi è costituito da 1) umore depresso o 2) perdita di interesse o piacere.
Con "effetto spettatore" si intende descrivere il fenomeno sociale per cui si hanno meno probabilità di ricevere aiuto/ assistenza quando sono presenti più persone in un' emergenza. Oggi vi parlerò di questo tema, credo estremamente attuale, verificandosi situazioni simili nella quotidianità a cui difficilmente riusciamo a darci una spiegazione sul perchè cose così terribili possano accadere. Questa dell'"effetto spettatore" è un 'ipotesi, che però vale la pena approfondire. Vediamo insieme questo video. L'effetto spettatore non vuole portare alla luce la mancanza di empatia e di altruismo dei passanti, che in realtà mostrano segni di ansia, sofferenza e preoccupazione .
Lo studio di questo fenomeno iniziò nel 1963 quando una giovane donna Kitty Genovese fu uccisa in un quartiere di New York. Trentanove testimoni hanno ammesso di aver assistito all'omicidio dai loro appartamenti , ma nessuno intervenne ne segnalò alla polizia ciò che stava accadendo. Questi testimoni hanno certamente avuto molte opportunità di chiamare la polizia - la lite violenta è durata all'incirca tra 30 e 40 minuti- ma nessuno lo fece. Nei giorni successivi tutti si chiedevano il perchè di ciò. Gli analisti e i commentatori tendevano a concentrarsi su stereotipi individuando nelle persone del quartiere disinteresse e indifferenza verso altri essere umani. Mentre gli psicologi sociali Bibb Latane e John Darley intanto iniziavano a studiare il fenomeno, ipotizzando che forse qualsiasi individuo in una circostanza simile avrebbe potuto esitare ad intervenire, che la consapevolezza che c'erano così tanti altri potenziali aiutanti, da inibire la volontà di ogni spettatore singolo di agire. Dopo l'omicidio di Kitty Genovese, l'effetto spettatore è stato osservato in altre dozzine di casi. Ad esempio, Il 7 novembre 2004,in California, una telecamera di sicurezza presso un parcheggio di un centro commerciale ha ripreso due uomini che hanno sequestrato una donna. La fotocamera inoltre ha ripreso le immagini di una decina di spettatori sparsi in tutta la scena e in varie fasi del sequestro. Nessuno di loro ha chiamato la polizia o ha aiutato la donna. L'elemento essenziale di un'analisi psicologica sociale del fenomeno si concentra sul : perchè gli individui in gruppo tendono a non aiutare o essere più lenti nella risposta rispetto alla condizione di essere soli? Ci sono tre motivi, secondo gli studiosi, per cui la presenza di altre persone inibisce l'aiuto. Ognuno di questi motivi si rafforza con l'aumento del numero di individui presenti.
Il metodo accettato ma non sperimentato per contrastare l'effetto è per le vittime specificare le richieste di aiuto ("Tu in rosso chiama un'ambulanza") piuttosto che trasmettendo la richiesta a tutti. Essere specifici nel tipo di aiuto richiesto e mirando a un individuo specifico fa si che la situazione sia chiaramente letta come un'emergenza, e ciò aiuterà ad eliminare molte delle ambiguità . |
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April 2020
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