La relazione tra depressione e demenza ancora non è stata chiarita del tutto. Alcune ricerche pubblicate recentemente sulla rivista "American Academy of Neurology" affermano che la depressione sia un fattore di rischio per lo sviluppo di demenza. Altri studi invece evidenziano che, le perdite e i cambiamenti della malattia, possono portate a sintomi depressivi . Sintomi della DEPRESSIONE:
I sintomi depressivi in una persona con una diagnosi di demenza Leggendo attentamente i sintomi della depressione si può notare che alcuni sono presenti anche nelle demenze diagnosticate. La differenza sta che, nelle demenze, alcuni di questi sintomi possono essere riconducibili alle modificazioni cerebrali del processo degenerativo in corso. Per esempio:
Nelle prime fasi della malattia, quando la persona è ancora consapevole di quello che sta accadendo, può insorgere il pensiero di trovarsi in una situazione senza più speranza. Uno studio pubblicato nella rivista " Geriatr Psychiatry Neurol. 2014 Apr 22. "ha trovato però dati contrastanti. La ricerca ha evidenziato che la comunicazione della diagnosi di demenza non ha portato nella persona malata crisi o tentativi di suicidio (studio effettuato su un campione di 100 persone). Si è visto inoltre che, dopo 3 mesi dalla comunicazione della diagnosi, la persona non se ne ricordava più. Ad oggi non esistono cifre precise sulla frequenza del suicidio tra le persone affette da demenza. Si è notato però che questo pensiero può emerge durante situazioni d'emergenza psichica, e può essere rivelato al familiare di riferimento durante questi momenti di crisi. I pensieri suicidi diminuiscono con l'avanzare della malattia, anche se a volte, è possibile che, di tanto in tanto, tornino a manifestarsi anche in uno stadio avanzato. Il suicidio in Italia alcuni dati statistici generali "Nel periodo 1993-2010 ( dati degli ultimi anni non disponibili), la mortalità per suicido è diminuita significativamente da 8,3 a 6,7 suicidi ogni centomila abitanti, mantenendosi tra le più basse nel mondo. Si è notato che il fenomeno del suicidio cresca all'aumentare dell’età: da 1,3 suicidi per centomila abitanti fra gli under 25 si arriva a 6,2 tra i 25 e i 44 anni, 8,5 fra i 45 e i 64 anni fino a 11,0 per le persone di oltre sessantacinque anni, circa otto volte più alta rispetto alla classe più giovane". (dati ISTAT) I possibili significati dei pensieri suicidi nelle demenze:
Cosa fare quando la persona con demenza esprime il desiderio di uccidersi?
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La "Sindrome del tramonto" nella demenza: i disturbi comportamentali che si verificano la sera26/8/2015 Viene chiamata " Sindrome del Tramonto" quell'insieme di sintomi comportamentali che si presentano al calar del sole nella persona affetta da demenza (più frequentemente di tipo Alzheimer) in fase moderata/ grave. I sintomi comportamentali, che spesso compaiono improvvisamente, consistono in confusione, disorientamento, mancato riconoscimento della propria casa e dei propri familiari, deliri, allucinazioni, ansia, agitazione psicomotoria , inversione dei ritmi sonno-veglia e aggressività. La mattina la persona è gestibile ma con il buio tutto cambia. Alcuni studi hanno rilevato che, la presenza di alcuni fattori nell'ambiente, possono aumentare il disorientamento, eccone alcuni:
Alcuni consigli per cercare di ridurre la sintomatologia:
Annalisa Scarpini, psicologa clinica. Nella malattia di Alzheimer, il disorientamento temporale e spaziale, i problemi di memoria, le difficoltà percettive e motorie possono rendere difficoltosa la gestione del malato a casa. Nelle fasi avanzate, la persona potrebbe non riconoscere più la sua abitazione oppure se stesso allo specchio e i suoi familiari. I problemi percettivi potrebbero creare difficoltà nella relazione con l'ambiente per esempio nel:
Alcuni consigli Uno dei consigli più utili per adeguare l'ambiente domestico alla malattia è renderlo familiare e il più semplice possibile. Un altro elemento importante è la SICUREZZA
La malattia di Alzheimer è una delle forme più comuni di demenza. Dietro a questo nome si nasconde un processo degenerativo che distrugge lentamente e progressivamente le cellule del cervello e colpisce inizialmente la memoria. Poi piano, piano si diffonde anche in altre zone del cervello. A livello anatomico, questo processo porta una diminuzione del volume cerebrale (in maniera eccessiva rispetto al normale invecchiamento fisiologico) con dilatazione dei ventricoli e un allargamento e approfondimento dei solchi e delle scissure (vedi immagine). Si ritiene che questo processo sia dovuto alla formazione di placche amiloidi e di grovigli neurofibrillari. Il decorso patologico è lento, con una durata media di 8-10 anni dalla comparsa dei primi sintomi. Al momento non vi sono farmaci in grado di intervenire sulle cause della demenza, ma solo capaci, in alcuni casi, di rallentare il processo e ridurre i sintomi comportamentali e psicologici. Non esiste un'età precisa di esordio, sembra che la maggior parte dei casi sia collocata intorno ai 65 anni, ma forme più rare, sembrano avere un esordio precoce ed un andamento più tumultuoso. I miti da sfatare: Ad oggi non esiste un esame per predire questa malattia e ancora i ricercatori stanno cercando di comprenderne le cause e trovare una cura. Non è ereditaria, soltanto una piccolissima percentuale sembra avere un' origine genetica. Non sta avvenendo un'epidemia di demenza, ma essendo la prospettiva di vita aumentata, si presentano più casi rispetto a decenni fa quando si viveva di meno e questa patologia non era ancora ben conosciuta. Bisogna ricordare che ogni malato presenta un decorso diverso da un altro: una persona può manifestare un sintomo in anticipo rispetto ad un altro o non manifestarlo affatto. Ciò è dovuto da vari fattori: le patologie presenti, il carattere della persona e l'ambiente di vita. Cosa succede? Nella Malattia di Alzheimer, il primo disturbo a comparire riguarda la funzionalità della memoria e in particolar modo, assistiamo ad un' incapacità di trasferire gli stimoli dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Ciò comporta che tutti i ricordi legati ad eventi recenti non vengono fissati e quindi dimenticati, mentre restano molto vivi i ricordi del passato. (Tendenza a vivere nel passato). Con il progredire della degenerazione anche i ricordi del passato cominciano a diventare irrecuperabili. Il malato ha difficoltà a riconoscere gli altri e sé stesso. E' presente disorientamento temporale e spaziale. La persona non sa in che anno siamo, ne in che giorno. Tende a non orientarsi. All'inizio il disorientamento è presente solo per posti che non conosce bene, con il tempo si estende anche ai luoghi familiari. Per questo è importante che la persona abbia sempre con sè un foglio con i numeri di telefono dei familiari in caso di smarrimento. Anche il linguaggio subisce delle modificazioni. Nella fase iniziale iniziano le prime difficoltà nel trovare la parola giusta, nel ricordare il nome di un oggetto. Con il tempo le difficoltà si estendono anche alla scrittura, la lettura, la comprensione del linguaggio e la produzione diventa sempre più povera fino a ridursi a pochi vocaboli. Dott.ssa Annalisa Scarpini psicologo clinico- riceve ad Ancona. E' importante riuscire a stimolare e prolungare il più possibile l'autonomia della persona affetta da malattia di Alzheimer, sopratutto nelle prime fasi, quando ancora molte funzionalità sono conservate. Alcuni studi hanno infatti osservato che le competenze, se esercitate, vengono mantenute più a lungo nel tempo. Uno dei consigli che vengono dati ai familiari è lasciare che la persona continui a fare quello che fa e come lo sa fare se non è pericoloso per la sua incolumità e quella degli altri. Non è importante il risultato e la prestazione ma che la persona continui ad essere attiva. Uno dei comportamenti controproducenti nella relazione è la critica e le osservazioni sugli errori e sui problemi di memoria: " ma come, te l'ho detto poco fa?", " ma non ti ricordi come si fa, lo hai sempre fatto!". Questo atteggiamento è molto comune nelle prime fasi della malattia quando ancora non è avvenuta, da parte dei familiari, un'accettazione della patologia e si vorrebbe che tutto fosse come prima. E' importante sapere che il malato di Alzheimer non riesce ad apprendere nuove informazioni o imparare cose che non ha mai fatto. La persona va quindi sostenuta nel continuare ad essere attiva ma allo stesso tempo bisogna fare attenzione a non proporgli compiti che lo mettono davanti a troppe difficoltà. Per esempio, si osserva spesso che molte persone che prima passavano tanto tempo davanti ai fornelli ora si difendono dall'insuccesso dicendo che non hanno più voglia di cucinare, questa mancanza di voglia è dovuta al sentirsi insicuri perché sentono che da soli non possono riuscire. Quando vediamo la persona in difficoltà è giusto aiutarla ma non è giusto sostituirsi del tutto perché in questo modo favoriamo l'inattività e scoraggiamo la persona nel fare quello che ancora riuscirebbe a fare. Alcune attività quotidiane da svolgere insieme, in particolar modo nelle prime fasi della malattia. In cucina Scrivere insieme la lista per la spesa e gli ingredienti che servono per uno specifico dolce e poi prepararlo insieme. Mentre si sta cucinando si può chiedere al nostro caro di chiudere gli occhi e indovinare dall'odore il cibo. (stimolazione sensoriale). Si possono fare lavori con la pasta di sale per favorire la manualità magari insieme con i nipotini. Cercare in un depliant alcuni prodotti. In cucina è importante porre attenzione al gas e sorvegliare durante la preparazione dei pasti. Se la persona riesce, lasciarla fare, magari con un aiuto. Se la persona ha difficoltà si può coinvolgere in compiti più semplici. Se la persona vive da sola bisogna controllare il frigorifero, che non mangi cibo scaduto o che non compri sempre le stesse cose ma che riesca a diversificare. In salotto: Per esercitare l'utilizzo del telefono si consiglia di farlo continuare a rispondere e a telefonare. Cercare alcuni numeri nell'elenco o in una piccola rubrica o in un foglio. Leggere insieme a voce alta un articolo di giornale, giocare a carte, ascoltare canzoni, guardare insieme l'album delle fotografie. Esercitarsi nella firma. In camera: Sistemare i vestiti nei cassetti, aiutare a rifarsi il letto se non riesce da solo. All'aria aperta: Il movimento, le passeggiate sono fondamentali per la salute e per l'umore. Dott.ssa Annalisa Scarpini-psicologa clinica- riceve ad Ancona Delirium nell'Anziano: una sindrome comune ma poco diagnosticata. Che cos'è? Come riconoscerlo?9/8/2015 Il delirium è una sindrome comune ma poco diagnosticata che può insorgere a causa di diversi fattori. Si presenta come un episodio o più episodi di confusione mentale acuta. Come riconoscerlo? Secondo il DSM 4 è possibile fare una Diagnosi di Delirium se sono presenti i seguenti criteri: 1. Disturbo dello stato di coscienza (ridotta consapevolezza dell’ambiente) con ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l’attenzione. 2. Alterazioni della sfera cognitiva (deficit di memoria, disorientamento temporo-spaziale, disturbi del linguaggio) non giustificabili da una demenza preesistente o in evoluzione. 3. Il disturbo si manifesta in un periodo di tempo breve (di solito ore o giorni) ed ha un decorso fluttuante nel corso della giornata). 4. C’è evidenza dalla storia, dall’esame obiettivo, o da altri accertamenti che il disturbo è una diretta conseguenza di una patologia medica in corso, di un’intossicazione da farmaci o da una sindrome di astinenza I disturbi del comportamento conseguenti sono fluttuanti e vanno dall'agitazione psicomotoria al sopore (più frequente nell'anziano). Possono essere presenti sintomi psicotici quali illusioni e false interpretazioni. Si definisce come “sindrome del tramonto” il Delirium che compare nelle tarde ore del pomeriggio e comporta la totale alterazione del ritmo sonno-veglia. Chi colpisce? Si può ritrovare sopratutto in soggetti ospedalizzati (11 %-42%) e in anziani residenti in strutture, ciò avviene perchè in questi luoghi tendono a sovrapporsi vari fattori di rischio. Come diagnosticarla? Per identificare questa sindrome bisogna effettuare una buona anamnesi: rintracciare la storia della persona dall'inizio dei sintomi ad oggi, comprendere il dosaggio dei farmaci, l'assunzione di sostante come per esempio l'alcool, precedenti episodi simili, se sono presenti disturbi cognitivi e di quale entità. Cadute o incontinenza possono essere il primo sintomo dell'insorgenza. Test specifici:
Quali sono le cause? Si distinguono diversi tipi di fattori di rischio che possono incidere nell'insorgenza della sindrome. Fattori predisponenti: Alcuni dei fattori predisponenti sono l'età superiore ai 65 anni, la presenza di disturbi cognitivi passati o presenti come la demenza, una recente frattura dell'anca. Fattori scatenanti: Tra i fattori scatenanti vengono indicati i disturbi sensoriali, la disidratazione e/o costipazione, ipotensione, ipossia, infezioni, limitata mobilità, dolore, malnutrizione, disturbi del sonno, terapia multifarmaco e sedazione, tumori, cause endocrine, cause vascolari, astinenza da alcol, droghe e intossicazioni . (Girard et Al. 2008; Querques J., 2006) DELIRIUM INDOTTO DA FARMACI:I farmaci sono la causa più frequente di Delirium nell'anziano. Molto spesso, l'anziano segue diversi trattamenti farmacologici essendo affetto da più patologie. Uno studio ha visto che i farmaci anticolinergici possono causare Delirium. Il quadro clinico migliora con la riduzione della dose o la sospensione del farmaco. FATTORI PSICOLOGICI: Se si sommano i vari fattori psicologici che possono entrare in gioco nel corso di un’ospedalizzazione come: la depressione, il dolore, la paura, la deprivazione sensoriale e l’interruzione del sonno si può comprendere come il rischio di andare incontro a Delirium in alcuni ambienti sia maggiore. POST OPERATORIO: Il Delirium postoperatorio è poco studiato ma sembra avere un’incidenza fra il 10 e il 60 % . La prevalenza appare più elevata dopo interventi ortopedici piuttosto che dopo quelli di chirurgia generale. DEMENZE: La demenza è uno dei fattori predisponenti più importanti di Delirium.Uno studio di Rockwood et al. ha evidenziato che il 45% dei soggetti ospedalizzati con MMSE inferiore a 24 hanno una maggiore possibilità di sviluppare delirium. Lo stato mentale migliora con stimoli orientanti. Lo stato mentale peggiora con le modificazioni dell’ambiente o si manifesta soprattutto di notte DELIRIUM SECONDARIO AD INFEZIONI: Sono presenti segni di infezione (febbre, leucocitosi). La modificazione dello stato mentale coincide con il periodo dell’infezione. DELIRIUM DOVUTO AD ALTERAZIONI IDRO-ELETTROLITICHE: Sono presenti segni clinici di modificazioni della volemia (storia di diarrea, vomito, mucose secche, oliguria, ridotto turgore cutaneo, sovraccarico di volume). La modificazione dello stato mentale coincide con il periodo del disturbo. Trattamento non farmacologico.
Mussi C. " Lunch session il delirium nell'anziano.Come si diagnostica".G GERONTOL 2004;52:368-375 Mussi C. Salvioli G."Linee Guida per la diagnosi e la terapia del delirium nell’anziano Guidelines for diagnosis and treatment of delirium in the elderly". GIORN GERONTOL 2000; 48: 434-440 Lopez S., Sibilano A, Stefanoni M.G.,Gazzardi G., Balconi R., Guaita A." La complessità e l’instabilità clinica nell’anziano istituzionalizzato"G Gerontol 2009;57:23-32 Quando si parla di invecchiamento non ci si riferisce solamente all'avanzare dell’età cronologica ma anche ai cambiamenti organici, cognitivi ed emotivi che ad esso sono correlati. Questi variano da individuo a individuo. Secondo Adler, a livello psicologico, i tre compiti vitali, che costituiscono per l’uomo le principali forme di realizzazione, cioè il lavoro, gli affetti e le relazioni sociali, subiscono con l’età profonde modificazioni. (Adler Alfred)
Dopo molti anni vissuti con i ritmi dettati dalle esigenze altrui, la fabbrica, l’ufficio, il traffico, i figli da portare a scuola, ritrovarsi con il proprio tempo liberato può provocare, dopo un primo momento di euforia, una reazione di delusione e sgomento, tanto che il tempo libero può divenire un assillante vuoto da riempire, anziché e una preziosa risorsa da utilizzare. (M. Ghizzo) Bibliografia: Fulchieri M. Le attuali frontiere della psicologia clinica. Centro Scientifico Editore, 2005. Ghizzo M.. A.A.A Anziani Attivi Cercasi Consigli per continuare ad essere e fare in età anziana. Anteas Milano Nelle demenze, il processo degenerativo che porta al decadimento delle funzioni cognitive, colpisce anche la capacità comunicativa. Ci si può quindi interrogare sulla possibilità di tenere viva la parola anche quando essa tende inesorabilmente a deteriorarsi. CHE COSA SUCCEDE: Nelle prime fasi della malattia, i fallimenti comunicativi che man mano si susseguono, portano a far sperimentare al malato delle emozioni negative di frustrazione, rabbia, agitazione, depressione con la possibile comparsa di disturbi comportamentali. La persona non riesce a comunicare come vorrebbe, non riesce a trovare le parole, non riesce ad esprimersi. Questo non fa altro che portarla a chiudersi e a parlare sempre di meno per evitare le situazioni di disagio. Una delle tesi dell'approccio conversazionale afferma che
DAL CONVERSAZIONALISMO ALL'APPROCCIO CAPACITANTE Nel 1999 G. Lai ha iniziato a diffondere i principi teorici del Conversazionalismo. Questo approccio prende spunto dalla psicoanalisi, dalla filosofia e dalla scienza della comunicazione e si pone la questione della ricerca della felicità all'interno della comunicazione. Viene distinta la comunicazione dalla conversazione. La comunicazione è governata da regole logiche e pragmatiche mentre la conversazione sono parole che seguono regole grammaticali scambiate tra due o più persone. "Una persona affetta da Alzheimer dice: "Può anche darsi che io non sappia sempre di cosa sto parlando, però, accidenti, riesco ancora a parlare". Alcune tecniche come quella dell' eco, la restituzione del motivo narrativo e la focalizzazione sui ciò che ancora la persona riesce a fare, permettono di riconoscere l'altro come una persona ancora in grado di scambiare parole e affetti. In questo modo si restituisce dignità alla persona e si incrementa la sua autostima. Nel 2005 è nato il Gruppo Anchise, associazione per la ricerca, la formazione e la cura del malato Alzheimer che concentra le sue attenzioni proprio sulla "parola". L'obiettivo è promuovere la dignità, l'autonomia e la felicità della persona anziana e il benessere del caregiver e dell'operatore. Con il Gruppo Anchise, l'Approccio Conversazionale si evolve in Approccio Capacitante. Grazie a registrazioni di conversazioni tra persone affette da demenza ed operatori che utilizzano l'approccio capacitante, è stato possibile notare che anche la persona con una demenza grave è in grado di conversare rispettando i turni, prendendo parola e cedendola a tempo debito. Attraverso lo studio delle conversazioni vengono valutate positivamente alcune tecniche come:
Non bisogna corregge, né giudicare la veridicità o falsità di quanto si ascolta. Le parole possono essere comprensibili o incomprensibili, i comportamenti funzionali o meno, i sentimenti piacevoli o tristi ma devono essere accolti e riconosciuti. Ogni persona, nel corso della vita sperimenta diversi ruoli: il ruolo di figlio, di genitore, di giovane, di lavoratore ecc. la malattia tende a slegare questi ruoli e si ha difficoltà nel padroneggiarli e a distinguerli nel tempo. Per questo ogni tanto la persona parla come se fosse padre e poi come se fosse figlio e poi come se fosse al lavoro (Identità Multiple). I GRUPPI ABC PER I FAMILIARI I gruppi Abc sono rivolti ai familiari e hanno lo scopo di insegnare loro come utilizzare nel miglior modo la parola, attraverso 12 passi. 1. Non fare domande 2. Non correggere 3. Non interrompere 4. Ascoltare 5. Accompagnare con le parole 6. Rispondere alle domande 7. Comunicare con i gesti 8. Riconoscere le emozioni 9. Rispondere alle richieste 10. Accettare che faccia quello che fa 11. Accettare la malattia 12. Occuparsi del proprio benessere Attraverso uno studio pilota si visto che, dopo una serie di incontri, i familiari accettano meglio la malattia, riescono a occuparsi anche del proprio benessere e passano più tempo a parlare con la persona malata. Bibliografia Lazzarino M., Lemut M.C., Privizzini a., Le tecniche del conversazionalismo come strumento per accedere all’interiorità dei pazienti affetti da demenza. * Gruppo Geriatrico Genovese; ** A.S.P. “Emanuele Brignole” Genova. Peroli P., Ruggiano C., Vigorelli P. L'approccio capacitante con il paziente che presenta deficit cognitivi; applicabilità in ospedale. Gruppo Anchise, Milano. Vigorelli P., Bonalume M., Cocco A., Lacchini C., Maramonti A., Negri Chinaglia C., Peduzzi P., Pezzano D., Riedo E., Sertorio S., "L’Approccio capacitante nella cura degli anziani fragili e delle persone con deficit cognitivi: 10 anni di esperienza". Gruppo Anchise, Milano. Vigorelli P. La Capacitazione: un’idea forte per la cura della persona anziana ricoverata in RSA. Gruppo Anchise. Vigorelli P., Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace alla conversazione felice. Gruppo Anchise. |
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