Il metodo Validation nasce grazie a Naomi Feil che tra il 1963 e il 1980 ha elaborato questo nuovo approccio. La terapia di validazione viene utilizzata per comunicare con gli anziani disorientati aiutandoli a riconoscere i loro sentimenti e le loro emozioni. I benefici della terapia di validazione sono: • Ripristino dell' autostima • diminuzione dell'isolamento • promozione della comunicazione e interazione con altre persone • riduzione dello stress e dell'ansia • assistenza nella risoluzione dei compiti di vita quotidiana • mantenimento di una vita indipendente il più a lungo possibile (Neal e Briggs, 2003). Alcuni esempi pratici Quando un paziente con demenza vive in un altro tempo e in un altro luogo può essere utile validare le emozioni e i pensieri sui problemi che sta vivendo in quel momento anche se non appartengono al "qui e ora". Un esempio: una donna diventa agitata ogni giorno alle ore 13:00 perché crede che sua madre la sta per venire a prendere. Le persone vicino/ gli operatori le dicono che sua madre non è più viva. Questo tipo di risposta aumenta l'agitazione e la tristezza. Con un addestramento all'approccio validante il personale/familiari sono stati in grado di riconoscere i pensieri e sentimenti (anch'io sarei agitato se sapessi che mi stanno venendo a prendere). Tecniche Validanti per le prime fasi del deterioramento:
Si è visto che cercare di ragionare con la persona non migliora la situazione. L'ascolto e il provare a comprendere i bisogni dell'altro sembra essere invece una tecnica più efficace! Tecniche Validanti per la fase moderata del deterioramento:
Per esempio: "Una donna che cerca i suoi bambini e deve andare a casa a cucinare. Alcune persone che non conoscono la tecnica validante potrebbero rispondere:
Parleremo della casa quando qualcuno vuole andare a casa o dell’amore quando qualcuno ci dice che suo marito l’aspetta. Tecniche Validanti per il deterioramento grave :
- Entrare in rapporto con il tatto; - Cercare di stabilire un contatto visivo, anche se è difficile; - Usare un tono di voce naturale e rassicurante; - Collegare il comportamento al bisogno; - Utilizzare la musica. Bibliografia: "Le opportunità di applicazione del Metodo Validation® nelle diverse fasi del disorientamento” Siviero Cinzia, Maracchi Ilaria, Mosetti D’Henry Francesco, Tonetto Miriam Fondazione Castellini ONLUS Melegnano (MI), ASP ITIS Trieste I disturbi del sonno sono comuni nelle persone con malattia di Alzheimer o altro tipo di demenze. Questi disturbi possono avere un impatto negativo invertendo il ritmo sonno-veglia nella persona con demenza e influenzando il benessere del caregiver. Una ricerca stima che le persone con demenza passano circa il 40% della notte svegli e gran parte del giorno si riposano. Questo avviene perché il meccanismo di sonno / veglia può non essere perfettamente funzionante. Ritmi circadiani La maggior parte delle specie del pianeta sono regolate da ritmi circadiani che dipendono da un orologio interno sincronizzato con l'ambiente esterno: con la luce solare, la temperatura ambientale e stimoli di natura sociale esempio l'orario del pranzo in famiglia. Nei mammiferi, questo orologio interno, si trova nel nucleo soprachiasmatico (SCN) nell'ipotalamo del cervello. L'orologio biologico nell'uomo ha un periodo naturale che si aggira intorno alle 24 ore. In genere si sta svegli durante le ore diurne e ci si addormenta nelle ore notturne. La luce sembra poter riequilibrare la melatonina e la serotonina e regolarizzare il ciclo di sonno – veglia, l’umore, l’appetito e la qualità del sonno. La melatonina è un ormone prodotto di notte e al buio e si ritiene che sia un messaggero della temperatura del corpo che permette di indicare alle cellule che è sera. Una riduzione di questo ormone può essere associato ad una ridotta efficienza del sonno e a un deterioramento dei ritmi circadiani interni. Luce e il sistema circadiano Studi sull'orologio biologico hanno mostrato una ridotta attività neuronale nel Sistema Nervoso Centrale degli anziani. Ciò suggerisce che, a livello molecolare, il cervello diventa meno sensibili agli stimoli dalla luce sulla retina. Con l'avanzare dell'età, infatti, la lente nell'occhio si infittisce e la pupilla si restringe, riducendo la quantità di luce che passa attraverso la retina. Disturbi a ritmi circadiani principali portano a dormire di meno e ciò potrebbe essere dovuto ad una difficoltà di elaborare correttamente le informazioni che permettono all'orologio interno di sincronizzarsi. Lo stile di vita sedentario, con meno possibilità di esporsi alla luce durante il giorno aumenta il rischio di una disfunzione. La terapia della luce La terapia della luce si basa sulla somministrazione di luce brillante in alcuni momenti della giornata prodotta da specifiche lampade in grado di sincronizzare di nuovo il ritmo circadiano. Ci possono essere degli effetti collaterali (inferiori rispetto alle terapie farmacologiche) per questo è possibile utilizzarla solo dopo consultazione con il proprio medico. I benefici sono stati riscontrai per i disturbi del sonno, depressione e disturbo bipolare. La terapia della luce nelle demenze Nella Malattia si Alzheimer a causa del deterioramento ci potrebbe essere bisogno di uno stimolo maggiore di luce per regolarizzare il ritmo circadiano. Studi pilota stanno testando gli effetti della terapia della luce nelle demenze ma ancora la sperimentazione è in atto e non ci sono dati ufficiali sull'efficacia. Figueiro ha proposto, sulla base di conoscenze teoriche sull'impatto della luce nell'invecchiamento, uno schema di illuminazione che è stato progettato per fornire una stimolazione di 24 ore:
l gruppo di ricerca osserva che l'aumento dei livelli di illuminazione diurna possono fornire un segnale più forte al sistema circadiano. Tuttavia, oggi il colore e l'intensità dell' illuminazione, presente nelle residenze per anziani e in commercio sono progettati per permettere una migliore visione a basso consumo e non per stimolare il sistema circadiano. Consigli:
Nicholas Hanforda,Mariana Figueirob. Light Therapy and Alzheimer’s Disease and Related Dementia: Past, Present, and Future. Alzheimers Dis. 2013 January 1; 33(4): 913–922. doi:10.3233/JAD-2012-121645 Nelle demenze, la capacità di comunicare attraverso le parole, tende a frammentarsi mentre la capacità di comprendere e comunicare attraverso gli aspetti non verbali sembra rimanere intatta fino alle fasi finali della malattia. Per questo motivo è importante sfruttare questi aspetti nella quotidianità con il proprio caro. Le persone affette da demenza, con problemi di linguaggio, percepiscono non tanto ciò che viene detto ma come viene espresso per esempio dal tono della voce, i gesti e l'espressione del viso. Allo stesso tempo, il linguaggio non verbale viene a volte utilizzato dal malato per comunicare ed esprimere disagi e bisogni. Molte volte gli atteggiamenti oppositivi e di aggressività non sono altro che un modo per comunicare che c'è qualcosa che non va per esempio un dolore, un bisogno, troppo rumore, troppa luce ecc. La distanza, la gestione dello spazio, contatto fisico. Nelle demenze bisogna fare molta attenzione alla distanza fisica sopratutto quando sono in atto episodi di aggressività. (In questi casi si consiglia di evitare movimenti bruschi con il corpo e assumere un atteggiamento calmo). Nelle fasi avanzate, la vicinanza e il contatto corporeo donano calore e affetto. Bisogna però ricordare che il contatto corporeo è una modo di comunicare che è influenzato da vari fattori socio culturali e familiari e per questo la quantità di contatto fisico desiderato varia da individuo ad individuo. Gli operatori devono stare attenti a non rendere la troppa vicinanza, invadenza, sopratutto quando ancora non si è creata una relazione con la persona. La gestualità Chi interagisce con la persona affetta da demenza deve porre attenzione ai movimenti e alla propria gestualità corporea per evitare che il messaggio inviato venga percepito come una minaccia. Contemporaneamente è utile osservare ciò che il corpo dell'altro comunica per esempio: se quando ci avviciniamo la persona indietreggia forse si sente spaventato e insicuro. Inoltre i gesti delle mani dovrebbero essere congruenti con il messaggio verbale inviato e rinforzarlo. Il tono di voce. Il tono di voce permette alla persona con demenza di comprendere il tipo di messaggio che le stiamo inviando, per esempio può comprendere se siamo arrabbiati, nervosi o dolci. Una voce calda, calma e un volto sorridente dona sicurezza e piacevolezza L'aggressività è una delle manifestazioni comportamentali che può comparire in alcuni anziani affetti da demenza. Può essere espressa sul piano verbale e/o fisico. Queste manifestazioni, che sembrano presentarsi in modo improvviso, hanno spesso una causa anche se a volte appare incomprensibile per chi assiste. La persona affetta da demenza, avendo una compromissione cognitiva in varie aree, ha difficoltà ad interpretare gli eventi intorno a lui e ciò che gli viene richiesto. L'aggressività viene quindi utilizzata come una modalità di difesa verso qualcosa che viene interpretato come una minaccia. A causa dei disturbi di comprensione del linguaggio la persona può non comprendere cosa sta accadendo e vedersi persone che lo spingono per fargli fare qualcosa potrebbe agitarlo. Allo stesso modo quando la produzione linguistica è deficitaria il comportamento non verbale può diventare il canale comunicativo privilegiato per manifestare il disagio rispetto ad una situazione. Un dolore, un bisogno, un fastidio, una paura possono essere espressi con ansia, agitazione e aggressività. Che cosa fare?
Come prevenire?
Con il termine"vagabondaggio" o "wandering" si intende quel disturbo comportamentale che porta la persona affetta da demenza a vagare senza sosta e senza un apparente scopo. Le possibili cause che si attribuiscono al vagabondaggio:
Secondo Koopman at al, 1988, il vagabondaggio, come altri disturbi comportamentali, sono forme di gestione dell'ansia. Durante la notte, a causa del buio, la persona perde i suoi punti di riferimento, ciò produrrebbe un aumento dell'ansia che conseguentemente porterebbe al vagabondaggio. La noia agisce in modo simile al buio. Il non sapere cosa fare può provocare agitazione e far insorgere l'ansia. Cosa fare?
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