Questo cortometraggio di Joe Oliver illustra prima la lotta e poi il fare spazio a tutte quelle sensazioni, emozioni e pensieri indesiderati.
Il protagonista decide di organizzare una festa con tutti i suoi amici. Il giorno della festa sembra essere tutto pronto, gli ospiti sono arrivati e si respira un' atmosfera divertente e gioiosa. Ad un certo punto suona il campanello, alla porta c'è qualcuno che non era stato invitato. E' il vicino di casa, una persona maleducata, fastidiosa e sgradevole... L'ospite entra e si unisce agli altri invitati, si serve da bere e da mangiar e infastidisce gli altri ospiti, tanto che il protagonista decide di cacciarlo . Una volta che se n'è andato, la festa può riprendere ..... ma dopo poco suona nuovamente il campanello... è nuovamente il vicino che prova a unirsi nuovamente alla festa ma che viene nuovamente mandato via. Per essere sicuro che non torni, il protagonista, decide di rimanere vicino alla porta a fare la guardia. Ciò lo fa sentire sollevato ma in questo modo si sta perdendo tutta la festa. Non sa più veramente cosa fare: godersi la serata e stare con il pensiero che lui torni o rimanere di guardia? Dopo un po' il protagonista realizza che quella festa è piuttosto importante per lui e che vuole stare con i suoi amici, così decide di tornare dagli altri, dicendo a se stesso "se il vicino dovesse tornare significa che deve andare così" Dopo poco eccolo di nuovo, il vicino torna alla festa e ricomincia ad infastidire gli ospiti....MA QUESTA VOLTA QUALCOSA è DIVERSO...il nostro protagonista non lo ignora perché è abbastanza difficile riuscirci, ma decide di non farsi influenzare e continuare a parlare con i suoi amici... e così inizia a notare cose interessanti:
Questo è un po' quello che accade con le sensazioni, i pensieri e le emozioni che cerchiamo a tutti i costi di allontanare e di non provare.. lottandoci forse per un po' staranno lontani, ma torneranno. Pensare di stare sempre in guardia per cercare di controllarli non farà altro che far perdere di vista gli aspetti più importanti della vita.
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.Affrontare il dolore generato dalla morte di una persona cara non è facile. Quando perdiamo una moglie, un marito, un figlio, un fratello o un genitore, la sofferenza diventa intensa e i sentimenti di vuoto, di perdita di un pezzetto di Sè sembrano diventare dominanti e avvolgono e influenzano la quotidianità. Tutto sembra non avere più un senso e stranamente irreale. La perdita può generare momenti di profonda confusione e periodi prolungati di tristezza o depressione. La tristezza tipicamente diminuisce di intensità col passare del tempo, ma il lutto è un processo importante da affrontare, per poter ritrovare se stessi e allo stesso tempo vivere e continuare ricordare dentro di Sè in modo più adattivo, il tempo trascorso con la persona amata. Ognuno reagisce in modo diverso alla morte attraverso le proprie risorse personali, ci si potrebbe riscoprire più forti di quanto si pensava o entrare in contatto con una fragilità che prima di allora non era mai emersa. Se il rapporto con il defunto era conflittuale, potrebbe volerci più tempo per riflettere su cosa è accaduto e sopratutto sulla relazione che si aveva con la persona persa, prima di potersi adattare alla perdita. Gli esseri umani sono per natura resilienti, ma per alcune persone la lotta contro il dolore schiacciante provato nel lutto può perdurare per lunghi periodi e portare ad una visione di Sè come inadeguati e incapaci anche delle più semplici azioni quotidiane. Quando il dolore e la sofferenza pervadono e sembrano essere diventate parti di Sè, è fondamentale la richiesta d'aiuto ad uno psicologo. Lo psicologo può aiutare la persona a comprendere il lutto, a normalizzare le emozioni e le reazioni che si stanno sperimentando, aumentando il senso di controllo e di adattamento. Quando qualcuno muore, non si perde unicamente la persona ma tante altre cose..i sogni del futuro, le speranze, i piani condivisi che si pensava di realizzare insieme, un appoggio, una presenza, una sicurezza. Aiutare le persone in lutto significa anche identificare ciò che hanno perso. Il cambiamento è una conseguenza inevitabile della perdita, e spesso si rifugge dal ciò, come se cambiare significasse fare un torto alla persona morta. Imparare ad adattarsi a i cambiamenti richiede tempo e fatica e fare spazio al dolore per poter piano piano muovere dei nuovi piccoli passi. Quando la morte avviene improvvisamente o prematuramente, molte assunzioni sulla vita vengono messe alla prova. E potrebbe nascere un forte senso di ingiustizia verso il mondo e il destino che ha permesso che ciò accadesse. Il dolore non è qualcosa che si può superare velocemente, ha bisogno che si ricreino dei nuovi equilibri dentro di Sè per poter ridurre la sua intensità. Il modello ondulatorio del dolore L'esperienza del dolore segue normalmente un movimento ondulatorio. Potrebbe silenziarsi per un lungo periodo e poi un evento può riportare ad intense emozioni anche dopo anni. Una data significativa, una canzone, una parola, una persona che assomiglia al proprio caro, possono riaprire una ferita. Cosa posso fare per aiutarti e cosa possiamo fare insieme? Narreremo più volte la tua storia, dando spazio ai pensieri e alle emozioni provando insieme a dare un senso a tutto ciò che è successo e piano piano ti sosterò nel riorganizzare la tua vita. Impareremo a gestire la paura, il senso di colpa, l'ansia che possono essere associati alla morte della persona cara. Affronteremo insieme il dolore cercando di fargli spazio e facendogli trovare una giusta collocazione dentro di te, dove non possa invadere la tua vita emotiva e relazionale. La consapevolezza di noi stessi e dei nostri pensieri ci permette di comprendere quali sono quelle valutazioni e quelle critiche che ci facciamo da soli e che ci fanno star male. Quando acquisiamo consapevolezza, possiamo modificare qualcosa e questo è il primo passo per sentirsi meglio e vivere meglio e un percorso psicoterapeutico può aiutarti in questo. Spesso viviamo periodi di stress prolungato e può succedere che i nostri pensieri siano portati a farci percepire la realtà in un modo distorto e negativo. Le qualità positive vengono ridotte, mentre si ingrandiscono i nostri difetti e debolezze. La scarsa autostima inizia a prendere campo impedendo una chiara visione di noi stessi . A questo punto potrebbe predominare la voce del nostro "critico interiore", una parte di noi che tende a valutare eventi, situazioni e noi stessi in modo negativo e a ricordarci solo i nostri fallimenti. Ma da dove provengono le voci interiori? Potrebbero essere l'interiorizzazione di un genitore stressato o arrabbiato, di un fratello o una sorella competitivi, di un bullo a scuola o di un'insegnante molto pretenziosa.. Cosa fare?
Neutralizzare le voci criticanti che ogni giorno ci mormorano qualcosa di negativo può essere un duro lavoro. Ci vuole tempo e pratica. La critica interiore è in genere profondamente radicata, ecco perché lavorare con un terapeuta può essere utile. Fare spazio alle nostre emozioni negative può influenzare positivamente la nostra mente. Molte persone lottano con i propri stati d'animo e spesso, questo combattimento, non fa altro che intensificare i problemi. La ricerca recente fornisce prove empiriche che non è spingendo via i problemi che questi si risolvono, ma la strada verso il benessere sta proprio nel provare a fargli spazio. Infatti, questo è ciò che le pratiche meditative e la psicoterapia ti possono aiutare a fare. Ecco perché: quando si tenta di negare o soffocare qualsiasi "parte" di se ci si sente confusi e frammentati. Il benessere si raggiungere riuscendo ad integrare e gestire i momenti positivi e negativi della vita, i successi e i fallimenti. Ogni esperienza che viviamo fa parte del cambiamento implacabile che caratterizza la vita. Uno studio, pubblicato sul Journal of Personality condotto da ricercatori dell' Università della California e di Toronto hanno osservato che: " le persone che accettano abitualmente le proprie emozioni negative hanno meno emozioni negative e una migliore salute psicologica. Mentre al contrario le persone che cercavano di allontanare stati d'animo non tollerati avevano più probabilità di sviluppare sintomi, come l' ansia e depressione " Maya Tamir afferma che "la felicità è qualcosa di più che il semplice sentirsi bene e evitare il dolore ... si tratta di avere esperienze che sono significative e preziose ..." e "tutte le emozioni possono essere positive in alcuni contesti e negativi in altri, indipendentemente dal fatto che siano piacevoli o spiacevoli ". Aprendoti e dando spazio a queste emozioni, scoprirai che ti daranno molto meno fastidio e che possono andare e venire molto più rapidamente. Un nuovo anno è in arrivo e molti di noi sono già pronti con tanti buoni propositi per l'avvenire. Vediamo insieme qualche dato. Secondo l'istituto di Ricerca e Statistica (2015), il 45% della popolazione degli Stati Uniti si pone dei propositi per il nuovo anno , ma solo l'8% riesce poi a realizzarli. Nel 2015, gli obiettivi più popolari sono stati perdere peso e spendere di meno . Perché è così difficile portare a termine i nostri propositi? Gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere, a volte, non sono chiari, nè realistici. Quando pensiamo a cosa cambiare della nostra vita, cerchiamo di riflettere prima su quali sono le nostre risorse per arrivare alla meta e quali ostacoli potremmo incontrare. Dobbiamo sempre tenere a mente che la strada verso un cambiamento può essere spesso lunga e difficile, e può essere caratterizzata da momenti difficili, oltre a quelli gratificanti. Vediamo alcuni passi per formulare dei buoni obiettivi che siano per noi anche dei valori! 1) Datti del tempo per riflettere adeguatamente su ciò che è veramente importante per te. Troppo spesso, pensiamo di modificare noi stessi in modi suggeriti dagli altri e che non provengono da noi. Chiediamoci: che cosa dà alla nostra vita un senso e un significato? I nostri valori possono variare in base ai settori: la salute, la famiglia, le amicizie, la carriera, la spiritualità, ecc Chiedi a te stesso: che persona vorresti essere in famiglia? e nelle amicizie? e quali sono per te i valori più importanti nel lavoro? Che tipo di qualità vorresti sviluppare come persona? Che tipo di partner vorresti essere? Che tipo di relazione vorresti costruire? In che modo ti diverti? Come allenti la tensione? 2) Ora prova a formulare i tuoi propositi per il nuovo anno tenendo conto delle risposte precedenti. 3) Domandati: l'obiettivo che mi sono posto è realistico? In che modo potrei raggiungerlo? E' qualcosa che mi sta a cuore o lo faccio più per gli altri? Il raggiungere questo obiettivo migliorerebbe la mia vita? In quanto tempo posso pensare di raggiungerlo? 4) Non procrastinare e inizia a percorrere la strada verso i tuoi valori. 5) Durante il cammino verso la meta ricordati di essere flessibile. Non possiamo sempre prevedere o controllare ciò che accadrà in futuro. Più teniamo troppo stretta o rigidamente un'idea di come "le cose dovrebbero andare," più tutto ci sembrerà remare contro. Non giudicatevi in modo negativo se non doveste riuscire a raggiungere ciò che vi eravate prefissati.. Solo perché non si ottiene un risultato specifico (o obiettivo) in un modo specifico, non significa che non siete in grado di vivere una vita piena di significato lo stesso. L'amore ha tanti volti e modi diversi di esprimersi, alcuni riflettono la presenza di un legame sicuro con il proprio partner e una risoluzione di possibili problematiche relazionali precedenti, altri di un amore contorto e doloroso. Vediamone insieme alcune situazioni che possono portare a sofferenza .
Un percorso psicologico può essere d'aiuto per far si che la persona a diventi consapevole degli schemi che ripropone all'interno delle relazione, il perchè li ripropone e essere aiutati nell'interrompere il copione che continuamente viene messo in atto. La vergogna è un emozione sociale che si prova quando si è in relazione con altre persone. Ci si può vergognare per qualcosa che si ha commesso o per quello che si è, per quello che si ha o non si ha, per i propri pensieri, le proprie emozioni e per il proprio corpo. Lo scopo che si trova dietro alla vergogna è quello di dare una buona immagine di sè, ovvero di ricevere valutazioni positive dagli altri. L'esperienza di imbarazzo avvisa della mancata aderenza del proprio comportamento a determinati standard sociali e che lo scopo della buona immagine sta per essere compromesso. Ad esempio, se nel bel mezzo di una presentazione importante, inavvertitamente, capita di inciampare e di cadere, o di rovesciare una bevanda, o che i pantaloni si strappino, si può provare vergogna. I segnali caratteristici dell’emozione della vergogna sono segnali fisici come sudare, tremare, arrossire, balbettare e avere la voce tremante. Le situazioni che possono creare vergogna cambiano da persona a persona e dipendono dalla valutazione globale che diamo a noi stessi. Lo stesso stimolo può apparire come segnale di inadeguatezza per una persona ma non per un'altra. Secondo Lewis (1992), le situazioni che possono elicitare quest’emozione sono:
Il comportamento che spesso viene messo in atto per non provare questa emozione è l'evitamento di tutte quelle situazioni che possono far provare imbarazzo. Se l'emozione non viene evitata e ci si trova in una situazione di forte vegogna, il corpo tenderà a cercare di nascondersi, farsi piccolo, invisibile e fuggire dagli sguardi altrui, avendo la percezione di essere stati scoperti . A sua volta, il provare vergogna e i segnali corporei connessi a tale emozione, possono essere oggetto di un ulteriore valutazione negativa. Oltre alla vergogna per la situazione imbarazzante, si può provare vergogna per la propria vergogna. Ma a che serve la vergogna se fa sentire così a disagio? La vergogna probabilmente si è evoluta per mantenere l'ordine sociale, comunicando agli altri attraverso i segnali non verbali, che si comprende la scorrettezza del loro comportamento e si cercherà di fare meglio (Miller, 2007). I ricercatori hanno scoperto che le persone che mostrano imbarazzo per le loro trasgressioni sociali sono più inclini ad essere amate, perdonate e di conseguenza, il loro imbarazzo salva la loro faccia (Keltner e Anderson, 2000). La rabbia è un' emozione innata cioè riscontrabile in qualsiasi popolazione e sin dalla primissima infanzia e ha un elevato valore adattivo. Quando si è arrabbiati, tutta l'energia si concentra nella parte alta del corpo e la sensazione è quella di stare per esplodere. Le mani sembrano “infuocate”, per questo, l'istinto, può portare a tirare pugni sul tavolo o sul muro per scaricare la rabbia che sentiamo. Anche digrignare/mostrare i denti è un tipico atto motorio che l'evoluzione ha mantenuto e che serve per preparare all'attacco. Lo scopo della rabbia è la difesa della propria immagine, il ristabilire la giustizia e conservare la propria dignità personale. Possiamo quindi considerarla come un segnale di allarme che ci informa della presenza di un ostacolo nel raggiungimento dei nostri obiettivi o della violazione dei nostri diritti. Quando si prova rabbia, anche il corpo subisce delle modificazioni: il battito cardiaco accelera il ritmo, avviene un aumento della tensione muscolare, della pressione sanguigna, il respiro si fa affannoso, le narici si dilatano e sopraggiunge una sensazione soggettiva di calore e di irrequietezza. L’intensità e la durata dell'espressione dell'emozione aumentano quando l’individuo si accorge di avere poco potere nel far fronte a gli eventi che l’hanno generata. In seguito all'emozione, viene solitamente messo in atto un comportamento. Il comportamento espresso dipende dalla cultura di appartenenza, da ciò che si ha appreso dall'ambiente e dai modelli educativi nell'infanzia e dalle abilità di regolazione emozionale possedute dalla persona. Gestire la rabbia in modalità non distruttiva significa apprendere come utilizzare comportamenti alternativi e più funzionali per poter esprimere tale emozione, come ad esempio la comunicazione assertiva . QUANDO LA RABBIA DIVENTA DISFUNZIONALE Secondo Vendittelli (2003) la rabbia è disfunzionale quando:
Allo stesso modo, l'inibizione e la soppressione della rabbia sono comportamenti disfunzionali che nel tempo possono portare a passività e una sensazione di impotenza . L'obiettivo, nella gestione della rabbia non è eliminare o ridurre quest'emozione ma imparare a controllarla senza sopprimerla. Per esempio:
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Abril 2020
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